Intervista a Lucca Cantarin, strategie per ripartire
Che lo si possa collocare di diritto nel gotha della pasticceria italiana lo dice il suo curriculum, costellato da tappe importanti. È stato responsabile della pasticceria a Le Calandre, il ristorante tristellato della famiglia Alajmo. Poi è arrivata l’esperienza spagnola da Paco Torreblanca, pasticcere dalla fama planetaria. Quindi i passaggi in Francia alla Maison Baud e nella più vicina Padova, alla corte del campione del mondo di pasticceria Luigi Biasetto. A tutto ciò si aggiunge la tradizione nell’arte dolciaria avviata dal nonno Mario con la produzione del gelato artigianale. Una tradizione che la sua famiglia si tramanda di generazione in generazione da oltre un secolo. Tornato nella sua Arsego dopo le importanti esperienze dai grandi maestri, Lucca ha arricchito con la pasticceria la proposta del locale che porta il nome della madre Marisa. Una storia di successo e in costante ascesa quella del pasticcere padovano, che ha mantenuto la sua verve determinata anche durante l’emergenza Coronavirus. “Il mio stato d’animo è tutt’oggi positivo”, dice sicuro. Una positività suffragata dai fatti e ancor prima da alcune scelte che si sono rivelate vincenti e che lui stesso ci racconta.
Lucca, com’è la situazione in questo momento per la tua attività?
È paradossale ma stiamo lavorando più di prima. Il mio locale è situato in un paesino fuori dal centro e in molti non stanno andando in vacanza, così passano da noi. La posizione geografica adesso è un vantaggio, ma non lo è stata durante la fase di chiusura al pubblico, quando potevamo fare solo le consegne a domicilio. In una realtà come la nostra effettuare il delivery è più complicato rispetto a una grande città poiché per raggiungere i clienti bisogna muoversi di più, essendo bassa la densità di popolazione. Alcune condizioni quindi sono state favorevoli, altre meno, ma ciò che ritengo fondamentale, di fronte a un’emergenza come quella che stiamo vivendo, è non stare seduti, non aspettare che i clienti arrivino da soli o che tutto torni com’era prima che la pandemia scoppiasse.
Quindi, quali sono state le strategie risultate vincenti?
Innanzitutto non ci siamo mai fermati. Nella prima fase, ho sviluppato il delivery investendo molto sul packaging per trovare una formula che agevolasse il lavoro consentendoci di raggiungere due obiettivi: essere veloci nel gestire le ordinazioni ma anche presentare i nostri prodotti in modo accattivante, curando bene la grafica delle confezioni. Per quanto riguarda il gelato, ad esempio, abbiamo dato la possibilità ai clienti di ordinare dal nostro sito 11 diversi kit, ognuno contenente 2 gusti diversi, per una spesa minima di 20 euro. Nelle vaschette i gusti erano già porzionati e divisi l’uno dall’altro in modo che non si mescolassero, cosa per me molto importante. Avevamo già un sito ottimizzato per la gestione degli ordini online e questo ci ha aiutati molto.
Poi avete riaperto e quali sono stati i cambiamenti attuati all’interno del locale?
La gelateria e la pasticceria con annessa caffetteria sono due negozi distinti, anche se ospitati nello stesso stabile. In entrambi abbiamo posizionato dei presidi volti al contenimento del virus, con un’attenzione particolare nelle aree nelle quali il contatto con il pubblico è più diretto, come nel punto dove avvengono le ordinazioni al banco o dove si effettuano i pagamenti. Inoltre, abbiamo ridotto i posti tanto all’interno, quanto all’esterno, per assicurare il corretto distanziamento dei tavoli.
Per alcuni colleghi riorganizzare gli spazi è stato vissuto come un dramma…
Per me non è stato così, anzi penso che sia possibile modificare gli allestimenti dei locali riuscendo a garantire la sicurezza richiesta dall’emergenza e allo stesso tempo preservando la piacevolezza dell’ambiente e dell’esposizione del gelato e dei dolci. Ripensandoci, non capisco perché sia servita una pandemia per introdurre delle innovazioni che considero una forma di rispetto per l’operatore che lavora in costante contatto con il pubblico. E poi dobbiamo tenere presente che ci sono delle normative precise da osservare: mi spiace vedere in giro che spesso prevale la voglia di trasgredire, trovo tutto questo poco sensato. Operare in sicurezza non è affatto come una costrizione. Sarebbe peggio, invece, che la mancanza di attenzioni portasse ad un nuovo lockdown.
A proposito dei clienti, come sono cambiati i comportamenti?
Nella maggior parte dei casi mi accorgo che è aumentato il livello di educazione. Se prima la gente si accalcava all’interno del locale, ora sta in fila ordinatamente per 10 – 15 minuti in attesa del proprio turno: scene che prima vedevo solo all’estero. Questo per me è un bel segnale: significa che il piacere di gustarsi un buon gelato prevale sul “sacrificio” di un’attesa più lunga del solito, inevitabile nel contesto in cui ci troviamo ora.
Quindi, qual è la ricetta di Cantarin per stare a galla durante la tempesta Covid-19?
Gli ingredienti sono tanti. Ci devono essere la presenza e la vicinanza al cliente, con una comunicazione puntuale e con un servizio ancora più attento. Poi vanno sfruttate le opportunità offerte dalla tecnologia (come nel caso degli ordini online) e la possibilità di modificare gli allestimenti quanto serve per garantire il rispetto delle norme di sicurezza. Questo per il bene di tutti. È un momento difficile da gestire per chiunque: per chi ci governa e deve prendere le decisioni, per noi artigiani e per tutti i cittadini. La prima cosa, ripeto, è non stare fermi e subire la situazione. Sono convinto che se riusciremo a superare questa sfida cogliendone degli insegnamenti positivi, ne usciremo avendo fatto dei grandi passi avanti utili per il futuro.